Nel 1985 a Genova, durante il quinto Congresso Mondiale di Musicoterapia, viene fondata la Word Federation of Music Therapy (WFMT http://www.wfmt.info), istituzione che si propone come punto di riferimento teorico e divulgativo a livello mondiale per tutto ciò che concerne la pratica della musicoterapia: dallʼorganizzazione di eventi allʼistituzione di riconoscimenti, dalla possibilità di job opportunities/stages fino – ed è questo il punto che ci interessa – alla stesura di quello che è il topic di questo articolo: una definizione-descrizione condivisa di musicoterapia ed una suddivisione della disciplina in 5 modelli ufficialmente riconosciuti a livello internazionale.
Nel 1996 (nel corso dellʼottavo Congresso Mondiale) la WFMT ha dato della musicoterapia la seguente definizione “La musicoterapia è lʼuso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, lʼapprendimento, la motricità, lʼespressione, lʼorganizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dellʼindividuo in modo tale che questi possa meglio realizzare lʼintegrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.”
Durante il nono Congresso Mondiale di Musicoterapia, nel 1999, la WFMT ha inoltre delineato e descritto quelli che a tuttʼoggi sono ancora i 5 modelli musicoterapici ufficialmente riconosciuti:
1. Modello Benenzon (sviluppato da Rolando Benenzon)
2. Modello analiticamente orientato (sviluppato da Mary Priestley)
3. Immaginario guidato in musica – GIM (sviluppato da Helen Bonny)
4. Modello comportamentale (sviluppato, tra gli altri, da Clifford K. Madsen)
5. Modello della Musicoterapia Creativa (sviluppato da Paul Nordoff e Clive Robbins)
Riporto una breve, ma chiara spiegazione dei modelli sopracitati, pubblicata in un articolo del Settembre 2016 di musicaemente.it (https://www.musicaemente.it/2016/09/17/i-5-modelli-in-musicoterapia/).
1. Modello Benenzon
Si basa sul concetto di ISO (identità sonora), di stampo psicanalitico con successivi risvolti psicodinamici. Qui si considerano due aspetti: quello scientifico, che si occupa dello studio e della ricerca del sistema uomo-suono, con obiettivi diagnostici e terapeutici, e quello terapeutico secondo il quale la Musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione con lʼobiettivo di attivare i processi di socializzazione e inserimento sociale.
2. Modello analiticamente orientato
La musicoterapia orientata analiticamente, di stampo junghiano, è un modello basato sullʼimprovvisazione attraverso lʼuso delle parole e delle improvvisazioni di musica simbolica, sia da parte del terapista che del paziente. Si esplora la vita interiore del paziente e lo si predispone a un percorso di crescita personale. Il metodo, originariamente creato per adulti, è stato poi esteso anche ai bambini.
3. Immaginario guidato in musica – GIM
Il modello GIM è un approccio recettivo psicanalitico in cui la musica viene utilizzata per scandagliare i vissuti della persona. La musica facilita un dialogo continuo con lʼinconscio, e il terapeuta fa da sostegno dialogando con lʼascoltatore per tutto il tempo della seduta. Il compito del terapeuta è di incoraggiare la concentrazione man mano che emergono emozioni, immagini sensoriali, ricordi e pensieri. Qui il terapeuta e la musica sono coterapeuti sostenendo, rispecchiando e facilitando lʼesperienza terapeutica.
4. Modello comportamentale
Si riferisce allʼepistemologia comportamentista nordamericana che considera il suono come uno stimolo capace di agire sul sintomo specifico. Ci si rifà qui al concetto di stimolo-risposta. Da Bruscia è stato definito come: “lʼuso della musica come rinforzo contingente o stimolo di suggerimento indirizzato ad aumentare o modificare i comportamenti di adattamento e ad eliminare i comportamenti non adattivi”.
5. Modello della Musicoterapia Creativa
Questo modello è anche stato definito come “musicoterapia creativa”. È un approccio individuale e di gruppo, nato inizialmente per lavorare con bambini affetti da varie disabilità. Nordoff e Robbins definirono il loro approccio creativo perché il terapista crea musica, azioni e sequenze terapeutiche. La musica è qui intesa come terapia piuttosto che in terapia.
K. Bruscia nel suo The dynamics of music psychotherapy (Barcelona Publishers, 1998) definisce chiaramente non solo cosa sia un “modello”, ma anche cosa sia un “metodo”, una “procedura”, una “tecnica” e le loro relative relazioni gerarchiche.
Riassumo nel grafico seguente quanto espresso da Bruscia nel suo libro.
…dopo questa doverosa introduzione sui modelli, sulla loro nascita, sulla differenza tra modelli, metodi, procedure e tecniche; faccio mia lʼopinione espressa dal musicoterapeuta Rolando Proietti Mancini, ex presidente del CUM (Consiglio Unitario Musicoterapisti) che li definisce non solo datati ed obsoleti, ma anche tutti provenienti dal “mondo della psicologia” (escluso il modello Nordoff-Robbins); mentre il musicoterapeuta dovrebbe (se non addirittura deve) agire attraverso azioni fondate sulla musica intesa come frequenza, vibrazioni e parametri che la definiscono come tale: altezza, intensità, timbro e durata (https://www.musicaemente.it/2016/09/17/i-5-modelli-in-musicoterapia/).
Durante i miei incontri non faccio riferimento ad un unico modello musicoterapico, né utilizzo una sola tecnica o un unico metodo. Cerco invece di utilizzare tecniche, metodi e modelli in maniera funzionale, con lo scopo di fornire allʼutente lʼintervento più efficace possibile nel qui ed ora: funzionale alle sue capacità residue, alle sue esigenze contingenti, agli ambiti in cui si è deciso di lavorare, alla durata dellʼintervento, alla sua possibilità di esprimere le emozioni partendo da un principio di piacere e allʼaccrescimento della sua gratificazione attraverso la produzione musicale.
Questa scelta è dettata dallʼosservazione attenta e puntuale dellʼutente, nel tentativo di cogliere le esigenze e le istanze insite nella sua richiesta di aiuto: richiesta colta ed accolta sia nel corso della nostra conoscenza e della nostra relazione pre-intervento musicoterapico che durante lʼintervento stesso.
Questo mio approccio ha dato vita, nel tempo, ad un pratica operativa centrata sulla funzionalità dei modelli di musicoterapia e sulla loro integrazione.
Un approccio che potrei definire Modello Musicoterapico Integrato: focalizzato sui bisogni specifici dellʼutente per fornirgli, di volta in volta, lʼintervento più efficace possibile e – soprattutto – costantemente centrato sulla relazione terapista-utente, relazione che diventa essa stessa agente terapeutico in grado di favorire esperienze emotive correttive ed eventuali cambiamenti.
Infine, volendo comunque dare a chi legge una idea di come imposto i miei incontri, voglio concludere dicendo che il mio approccio è basato sulla musica intesa COME terapia, quindi affonda le sue radici nella Musicoterapia Creativa di Nordoff-Robbins, del cui modello faccio miei (nei primi step della terapia) sia lo strumentario che il setting.
Inoltre utilizzo anche altre tecniche, mutuate da modelli differenti, tra cui il dialogo sonoro e, specialmente, il songwriting.